La magia del Presepio
800 anni di storia e cultura

Il 25 dicembre 1223 a Greccio, in una grotta debitamente predisposta con un altare per la celebrazione eucaristica e una greppia, San Francesco d’Assisi ha rappresentato per la prima volta il mistero della Natività di Gesù. Questo evento ha dato origine ad una tradizione presepiale che, nel corso dei secoli, ha assunto modalità, forme, espressioni le più variegate, artistiche e creative. Per comprendere il senso di quel desiderio che abitò il cuore del Santo di Assisi di voler rappresentare plasticamente e in qualche modo far rivivere l’incarnazione del Figlio di Dio, occorre fare riferimento alla narrazione che ne fa il discepolo San Bonaventura nella “Leggenda maggiore”:
«I frati si radunano, la popolazione accorre; il bosco risuona di voci, e quella venerabile notte diventa splendente di luci, solenne e sonora di laudi armoniose. L’uomo di Dio [Francesco] stava davanti alla mangiatoia, pieno di pietà, bagnato di lacrime, traboccante di gioia, Il rito solenne della messa viene celebrato sopra alla mangiatoia e Francesco canta il Santo Vangelo. Poi predica al popolo che lo circonda e parla della nascita del re povero che egli […] chiama “il bimbo di Betlemme”. Un cavaliere virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia e si era legato di grande familiarità all’uomo di Dio, messer Giovanni di Greccio, affermò di avere veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo bimbo addormentato che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno». Possiamo anche citare lo scritto di Tommaso da Celano: «fu talmente commosso nel nominare Gesù Cristo, che le sue labbra tremavano, i suoi occhi piangevano e, per non tradire troppo la sua commozione, ogni volta che doveva nominarlo, lo chiamava il Fanciullo di Betlemme. Con la lingua si lambiva le labbra, gustando anche col palato tutta la dolcezza di quella parola e a guisa di pecora che bela dicendo Betlemme, riempiva la bocca con la voce o meglio con la dolcezza della commozione».
È opportuno anche riflettere sul significato etimologico della parola “presepe” o “presepio” che, a partire dalla traduzione del Vangelo dal greco al latino “et pannis eum involvit et reclinavit eum in praesepio” (“(Maria) lo avvolse in panni e lo depose nella mangiatoia”), significa letteralmente “mangiatoia”, “greppia” poiché infatti quel Bambino vi venne adagiato. Questa collocazione intende sottolineare e rimandare al dono che da adulto quel piccolo Gesù farà di sé come pane/corpo da mangiare. A specificare ulteriormente questo destino di offerta totale è anche il significato etimologico del nome della città di Betlemme che dall’ebraico si può tradurre come “casa del pane”.
Quel bimbo si dona all’umanità come pane di vita, offrendo la sua stessa vita: ecco perché tradizionalmente i bambinelli dei nostri presepi hanno una posizione che richiama il crocifisso. Il mistero dell’incarnazione si può comprendere solo alla luce della passione, morte e Risurrezione. Ecco perché San Francesco ha voluto fortemente inserire la rappresentazione del Natale, non a caso proprio all’interno della celebrazione eucaristica memoriale della Pasqua.